La Fondazione CRC porta “Light Signs” di Maïmouna dalla Venaria Reale a Cuneo
Patrizia Guerresi nasce a Pove del Grappa (Vicenza) nel 1951. Fotografa, scultrice, autrice di video e di installazioni, l’artista si è convertita nel 1989 alla religione musulmana Murid (corrente mistica sufica praticata soprattutto in Senegal) assumendo il nome di Maïmouna. La sua ricerca artistica prende il via da esperienze concettuali vicine alla Body Art, con una predilezione per l’uso del mezzo fotografico e del calco scultoreo. Dalle prime tele componibili passa alla scultura legata alla dimensione autobiografica alternando il bronzo al gesso policromo e sperimentando quindi diversi materiali come il basalto tritato impastato con resine. Dalla fotografia al video, dalle installazioni alle sculture, Maïmouna racconta il disagio e la bellezza della diversità rappresentando una simbiosi mistica tra corpo, natura e mito. Partecipa due volte alla Biennale di Venezia nel 1982 e nel 1986, anno in cui è invitata anche alla Quadriennale di Roma. Presente nel 1987 alla Documenta di Kassel con il gruppo Gruppenkunst Werk, viaggia a lungo nei luoghi sacri dell’Africa musulmana introducendo nel suo lavoro nuove tematiche e simboli religiosi legati alle culture ed ai riti afro-orientali. Dagli anni ’90 partecipa a importanti mostre nazionali e internazionali allestendo anche numerose personali in Italia, Europa, Usa e Africa.
“Light Signs” sono i segni lucenti che spezzano le ombre. In un omonimo ciclo fotografico, Guerresi aveva catturato una serie di volti scuri segnati di color bianco, come ferite taglienti, confini, margini che distanziano ma non possono azzerare i territori. Sono linee che richiamano i disegni sciamanici dipinti sulla pelle dei popoli tribali. La scultura invece rappresenta due mani chiuse atte a raccogliere la luminosità candida della pittura biancastra, forse più attente a ricevere una benedizione che a donare. L’attività dell’artista è da tempo indirizzata a un’indagine quasi antropologica delle culture africane e del vicino oriente, riempiendo di significati mistici le sue interpretazioni, con il chiaro intento di mettere lo spettatore di fronte a una domanda più che a una risposta. E in questa situazione di attesa, di sottile inquietudine, nasce il desiderio della scoperta, ossia di oltrepassare quel segnale luminoso che taglia l’oscurità o semplicemente ne è parte.