“La carne Piemontese vive uno dei periodi più importanti di tutto l’anno; è protagonista di manifestazioni importanti, ma soprattutto è regina della tavola all’interno di menù che con le Festività ne esaltano le sue indiscusse qualità. Il suo consumo ha delle positive ricadute su un comparto che vanta in provincia di Cuneo numeri importanti ed eccellenze, ma che deve fare i conti con criticità legate agli sbocchi di mercato, ai costi di produzione elevati e alle misure della Piano Qualità dell’Aria che, nonostante le recenti revisioni, devono ancora essere perfezionate per gravare meno sui bilanci aziendali”. Il presidente di Confagricoltura Cuneo, Enrico Allasia, riflette sul momento vissuto dalla storica razza autoctona del territorio sottolineando come, proprio il periodo natalizio, possa rappresentare il trampolino per un rilancio duraturo del comparto.
In settimane in cui il bue piemontese, ad esempio, viene giustamente celebrato per le sue eccellenti prestazioni e qualità, occorre anche ricordare che per allevarlo servono almeno quattro anni e durante questo tempo i costi a carico degli imprenditori agricoli sono elevati, così come alto è il rischio di non concludere positivamente il ciclo di allevamento. Tutto questo per avere il prodotto pronto da proporre in una finestra di mercato molto ridotta, che non supera solitamente i due mesi.
“Una grande passione muove chi decide di allevare questi bovini, anche per portare avanti una tradizione del nostro territorio – continua Allasia –. Noi siamo grati per i loro sforzi, ma chiediamo alle istituzioni di riconoscere il ruolo economico degli allevatori di Piemontese e di sostenerli con azioni di promozione mirate, sollevandoli da inutili e onerosi interventi. In caso contrario, le stalle così come il numero di capi continueranno a diminuire, secondo un trend negativo che purtroppo va avanti da anni”.
A destare preoccupazione nel settore zootecnico della nostra regione, infine, c’è l’approvazione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia). Un’intesa alla quale Confagricoltura si è sempre opposta fermamente per i rischi che comporta per il settore primario. Le preoccupazioni principali riguardano l’impatto derivante da una maggiore apertura alle importazioni di prodotti agroalimentari dal Mercosur, in particolare proprio carni bovine, oltre a pollame, riso, mais e zucchero.
“Pur presentando potenziali vantaggi commerciali per alcuni settori, l’intesa è altamente penalizzante per le produzioni europee e italiane in termini di concorrenza e sicurezza alimentare – conclude Allasia –. L’accordo non garantisce equità e reciprocità nei rapporti, né protezione per il nostro modello agricolo, danneggiando le produzioni Ue a favore di quelle latinoamericane, spesso soggette a standard produttivi meno rigorosi. Servono regole chiare e standard reciproci. I valori di equità, sostenibilità e sicurezza alimentare, infatti, non possono essere sacrificati sull’altare del libero scambio”.