“Nessuno mette in discussione le buone intenzioni, ma non esiste alcuna plausibile ragione che giustifichi la decisione di una scuola di escludere i prodotti contenenti alcuni ingredienti in regola con le leggi sulla sicurezza alimentare dai distributori automatici di alimenti. Per questo motivo, a tutela delle imprese alimentari danneggiate, ci rivolgiamo in spirito collaborativo a lei, affinché possa anche per il suo tramite giungere agli istituti scolastici della provincia un richiamo alla massima cautela e attenzione nella predisposizione dei bandi e dei connessi atti gara”. Questo, in sintesi, il contenuto della lettera che il presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi, ha inviato nei giorni scorsi al dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, Stefano Suraniti, dopo aver appreso dagli organi di stampa e dalle segnalazioni pervenute dalle imprese associate del settore alimentare, che recentemente l’Istituto Tecnico Commerciale Statale “F.A. Bonelli” di Cuneo ha aggiudicato la concessione esclusiva del servizio di distributori automatici di prodotti alimentari presso la scuola con un capitolato di gara che richiedeva, sotto la voce “Qualità dei prodotti”, che gli stessi non contenessero alcuni ingredienti consentiti dalle normative europee ed italiane.
“La scelta operata dal Bonelli, seppure siamo sicuri sia stata compiuta in buona fede da parte del suo dirigente scolastico, merita alcune attente considerazioni sotto il profilo giuridico – sostiene il numero uno degli industriali cuneesi -, anche perché non ci sentiamo di escludere che la gara possa essere oggetto di contestazioni da parte delle imprese che si siano ritenute danneggiate dalla scelta di escludere dai distributori automatici di alimenti prodotti contenenti come olio di palma, colza, cocco, ad alto contenuto di sale e zuccheri, etc”.
Nella sua missiva Confindustria Cuneo stigmatizza anche la scorrettezza di alcune recenti e note campagne d’opinione, che hanno tentato di sostenere la dannosità per la salute di prodotti derivati della carne, del latte, dell’olio di palma etc. senza che vi sia ad oggi nessuna evidenza scientifica a supporto di tale ipotesi. Prova ne è il fatto che nessun istituto, ente od organizzazione, sia a livello nazionale che internazionale, è riuscito finora a metterli al bando. Anche il Ministero della Salute italiano recentemente ha ufficializzato, ad esempio, che “la letteratura scientifica non riporta l’esistenza di componenti specifiche dell’olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute” (parere ISS prot. n. 0004929 del 19/02/2016).
“Dato che non c’è alcun obbligo normativo che consenta di escludere dal commercio i prodotti consentiti dalla normativa – conclude Biraghi -, ci aspetteremmo che gli istituti scolastici si astenessero dall’impostare gare con requisiti illegittimi. Cosa si vuole mangiare o bere, nei limiti imposti dalla legge, deve restare una libera scelta, personale e consapevole, che non deve mai essere limitata arbitrariamente alla fonte da una pubblica amministrazione che oltretutto non ha una competenza specifica in materia. Farlo significherebbe restringere indebitamente il mercato e la libera concorrenza con danni ingiusti per le aziende del settore che operano e producono legalmente. Gare analoghe, siamo convinti sarebbero esposte a rilevanti profili di illegittimità amministrativa con probabili corollari in termini risarcitori”.