Venerdì 11 giugno alle ore 15, presso il Museo della Ceramica di Mondovì (Palazzo Fauzone di Germagnano, Piazza Maggiore 1), apre al pubblico la mostra “Fragilità resistente. Anselm Kiefer dalla collezione Terrae Motus di Caserta”. Il progetto nasce dalla collaborazione tra la Fondazione CRC, il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”, la Reggia di Caserta, il Museo della Ceramica e il Comune di Mondovì ed è incentrata sull’esposizione di “Et la terre tremble encore, d’avoir vu la fuite des géants”. L’opera (tecnica mista, olio e argilla su tela) è stata realizzata dall’artista tedesco Anselm Kiefer nel 1982 per entrare a far parte di “Terrae Motus”, una raccolta di capolavori allestita per ricordare il terremoto del 23 novembre 1980 che devastò l’Irpinia, territorio a cavallo tra la Campania e la Basilicata, e nata come risposta alla distruzione tramite l’arte e come possibile contributo al processo di ricostruzione. Per ricordare quell’evento sismico, Kiefer scelse il tema della Battaglia di Waterloo: lo scontro finale tra Napoleone e il generale Wellington si trasforma in una simbolica catastrofe storica, nella quale la natura assiste muta allo svolgersi degli eventi e rimane ferita, lacerata come un ‘terremoto’ che annienta e distrugge ogni cosa. La mostra sarà visitabile il giovedì e venerdì dalle 15 alle 18 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 18 fino al 7 novembre (dal 18 giugno al 12 settembre dal venerdì alla domenica apertura fino alle 19). L’ingresso è libero e non c’è necessità di prenotazione. Per maggiori informazioni telefonare allo 0171.452711 o visitare il sito della Fondazione CRC www.fondazionecrc.it. L’iniziativa è realizzata anche grazie al contributo di Agenzia Generali Cuneo, Merlo e Giuggia Costruzioni.
Il percorso espositivo allestito al Museo della Ceramica si articola in due sale, accessibili in maniera indipendente l’una dall’altra: una, posta al piano terra, è dedicata all’approfondimento della conoscenza con l’artista, l’opera e le circostanze nelle quali essa è stata realizzata, grazie ad alcuni pannelli esplicativi realizzati in italiano ed inglese e ad un video che racconta le varie fasi del restauro. La seconda, al terzo piano, è dedicata all’opera vera e propria che sarà posizionata su un supporto appositamente studiato dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” per garantirne la corretta conservazione. Nelle sale verrà diffusa una composizione musicale originale, eseguita dal monregalese Lorenzo Bongiovanni e composta appositamente per questa mostra ispirandosi all’opera esposta.
L’opera di Kiefer verrà esposta a Mondovì prima di essere restituita al Museo e inserita nel nuovo percorso espositivo della Reggia di Caserta a seguito dell’approfondito restauro condotto dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Durante il periodo di apertura sarà promosso un ricco programma di laboratori in didattica a distanza per le scuole, a cura del Museo della Ceramica e con interventi del Centro di documentazione e ricerca audiovisiva Steadycam di Alba.
“Con l’apertura della mostra dedicata ad Anselm Kiefer riparte la programmazione culturale della Fondazione CRC, che vedrà nei prossimi mesi un ricco calendario di iniziative espositive in tutta la provincia di Cuneo. Dopo Manet, Kandinskij e Raffaello, un altro grande artista di fama internazionale arriva a Mondovì: un segnale importante di rinascita e un’occasione di rilancio per il comparto culturale e turistico, profondamente colpito dalla pandemia che ha segnato questi ultimi due anni” dichiara Ezio Raviola, Vice Presidente della Fondazione CRC.
“Il complesso intervento sull’opera di Kiefer consolida, ancora una volta, un’intensa sinergia tra il Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’, la Fondazione CRC e il Museo della Ceramica di Mondovì. Il progetto nasce da un’esperienza formativa poiché l’opera era stata oggetto di uno studio realizzato nell’ambito di una tesi del Corso di Laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Torino in convenzione con il Centro. In accordo con la Reggia di Caserta, data la complessità del caso, il percorso è stato ulteriormente approfondito e definito all’interno del laboratorio di arte contemporanea del Centro. Un approccio analitico ha consentito di dirigere l’intervento all’insegna del consolidamento e della prevenzione futura – spiega Stefano Trucco, Presidente della Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”– “Fragilità Resistente” è un titolo che racchiude perfettamente in sé l’essenza dell’opera, ma richiama anche l’evento drammatico dell’Irpinia e il difficile momento sanitario vissuto. Auspico che la presentazione al grande pubblico del termine del restauro condotto sia un segnale significativo e profondo della volontà di una ri-partenza di tutte le attività culturali territoriali e nazionali” conclude Stefano Trucco.
“Il titolo della mostra sottolinea la ripresa del Museo della Ceramica dopo la chiusura dovuta alla pandemia” – spiega Andreina d’Agliano, Presidentessa della Fondazione Museo della Ceramica di Mondovì –. Siamo immensamente grati alla Fondazione CRC, al Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’ e alla Reggia di Caserta di poter partecipare alla presentazione di un restauro straordinario come quello dell’opera di Anselm Kiefer ‘Et la terre tremble encore, d’avoir vu la fuite des géants’ che non solo coniuga pittura e terracotta, materia alla base della produzione ceramica, ma che, con il suo messaggio, rievoca un momento catastrofico pari a quello attuale, in parte sublimato nel messaggio artistico della fragilità e resistenza della terra argillosa utilizzata da Kiefer”.
“Il Museo Reggia di Caserta, nell’aver avviato il percorso di riallestimento della straordinaria collezione Terrae Motus, pone al centro della propria attenzione l’attività di salvaguardia della materia costitutiva delle opere – dichiara Tiziana Maffei, Direttore della Reggia di Caserta – procedendo con la necessaria attività di conservazione preventiva e, nel caso di situazioni particolari, di mirati interventi di restauro. La collaborazione con Il Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’, che ha portato ad affrontare con estremo rigore l’intervento sull’opera di un grande e indiscusso Maestro dell’arte quale Kiefer, si è naturalmente sviluppata in questa occasione di divulgazione. Occuparsi oggi della conservazione del contemporaneo richiede studio e un approccio scientifico per affrontare la fragilità di materiali sperimentali e non sempre pensati per affrontare il tempo. Riteniamo importantissimo rendere fruibili oltre che i valori simbolici delle opere anche i percorsi di conoscenza, il metodo di lavoro, le questioni tecniche affrontate, in iniziative come questa esposizione per la quale si ringrazia la Fondazione CRC e il Museo della Ceramica di Mondovì. È un atto di fiducia verso la ripresa futura degli istituti di cultura e di buon auspicio per il rientro a casa dell’opera”.
L’OPERA
Et la terre tremble encore, d’avoir vu la fuite des géants fa parte di “Terrae Motus”, collezione permanente di arte contemporanea della Reggia di Caserta. L’opera è stata realizzata nel 1982 nell’ambito dell’iniziativa sperimentale promossa da Lucio Amelio. Il tema storico prescelto per commemorare l’evento sismico che nel novembre del 1980 aveva devastato vaste aree della Campania e della Basilicata è la Battaglia di Waterloo (18 giugno 1815): lo scontro finale tra Napoleone e il generale Wellington è la sublimazione della catastrofe storica.
La natura assiste muta allo svolgersi degli eventi e rimane ferita, lacerata come un ‘terremoto’ che tutto annienta e distrugge. In ragione di ciò Kiefer fa ricorso sulla superficie del dipinto alla scrittura quale parola poetica, lasciandola vagare libera e trasformandola in racconto fantastico, letterario e poetico che si sottrae alla pesantezza della materia. Il quadro presenta un’enorme ferita centrale, resa dall’uso della terracotta che, come una grande crepa della natura, è solcata da segni neri, i cui tratti assumono quasi l’aspetto di un sismografo impazzito.
Le cadute di colore dalla citazione scritta, l’assenza della figura umana, la scena deserta e il moltiplicarsi del tratto nero sono tutti elementi che contribuiscono a creare un’atmosfera nella quale la natura e la storia si incontrano ed è la catastrofe. Kiefer, in linea con il suo stile, predilige dipingere i luoghi dove le tragedie della storia si sono realmente consumate: gli esseri umani vengono inghiottiti dal buio del male che hanno fatto a sé stessi e al loro prossimo.
IL RESTAURO
L’opera di Anselm Kiefer, entrata nel Laboratorio di Arte Contemporanea del CCR nel 2018, ha evidenziato subito uno stato di conservazione particolarmente critico. Il supporto aveva infatti nel tempo subito delle forti sollecitazioni dovute alla presenza dei corpi argillosi, del peso di circa 50 kg. Questa materia, mescolata a colle industriali, è infatti stata utilizzata dall’artista tedesco per la realizzazione delle placche, ancorate direttamente sulla tela. Il naturale agire nel tempo della forza di gravità ha pertanto compromesso involontariamente la solidità dell’opera inficiandone l’integrità.
Preoccupanti processi di deformazione, soprattutto della parte inferiore dell’opera, erano ormai dichiaratamente percepibili e visibili. L’intervento di manutenzione straordinaria ha dovuto pertanto far fronte, non soltanto a localizzate perdite di adesione materiche al supporto, ma in particolar modo al superamento di forze fisiche improprie a cui l’opera era da tempo condizionata e sottoposta.
Il telaio, inoltre, se pur rinforzato, aveva perso la sua linearità creando un imbarcamento di circa 1 centimetro, a discapito della sua robustezza e della sua capacità di tenuta. La prima fase di intervento ha previsto quindi un consolidamento degli strati pittorici e una riadesione delle masse argillose aggirandone la connaturata fragilità, riacquisendo una totale aderenza al supporto in tela.
L’operazione successiva, la più difficoltosa, ha interessato invece il verso dell’opera: l’obiettivo è stato quello di limitare lo sforzo del supporto evitando delle possibili ed ulteriori deformazioni senza sollecitare oltremodo il telaio ligneo scongiurandone il collasso.
Attraverso il confronto e il costante coordinamento con la Reggia di Caserta sono state definite linee e metodologie dell’azione conservativa. La scelta si è orientata verso l’inserimento di una serie di fasce in tessuto ancorate alle strutture perimetrali longitudinali e trasversali del telaio, contribuendo così, aiutandolo, ad aumentare la trazione del supporto e concorrendo alla sua stabilità, senza compromettere né modificare in alcun modo l’aspetto estetico dell’opera.
Ultima, ma non meno importante, fase esecutiva è stata una capillare pulitura superficiale con relativa eliminazione di vari depositi incoerenti e parzialmente coerenti.
Alla risoluzione delle gravi situazioni statiche che rappresentavano una reale minaccia nei confronti della permanenza e della fruizione dell’opera, grazie al restauro il manufatto ha riacquistato la sua resistente conformazione, caratterizzata da una significativa e stretta relazione tra telaio-tela-materia.
L’ARTISTA
Anselm Kiefer nasce a Donaueschingen, in Germania, l’8 marzo 1945. Dopo un iniziale interesse per gli studi di legge, nel 1966 decide di cambiare percorso dedicandosi agli studi artistici prima a Friburgo, poi all’Accademia di Belle arti di Karlsruhe (1969), infine alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf (1970), dove incontra l’artista concettuale Joseph Beuys. Sarà lui a incoraggiarlo all’uso di enormi tele e all’inserimento nei suoi lavori di una serie di simboli visivi per commentare ironicamente alcuni aspetti tragici della storia e della cultura tedesca, in particolare quella del periodo nazista.
Nel 1969 tiene la sua prima mostra alla Galerie am Kaiserplatz di Karlsruhe e realizza un ciclo di opere denominate Besetzungen (Occupazioni): si fa fotografare con il braccio alzato nel saluto di Hitler, dinnanzi a diversi luoghi che per lui assumono importanza dal punto di vista storico o mitologico. Queste opere divideranno la critica tedesca tra chi lo accuserà di neo-nazismo, travisando il senso delle sue opere e chi, invece, ne esalterà il coraggio per aver saputo mostrare la piaga di quello che era stato l’incubo della Germania nazista.
Nel 1971 il pittore si sposa con Julia, amica dal tempo dell’università, e si stabilisce a Ornbach in un ex edificio scolastico che attrezza a studio e dove le austere travi in legno della sua soffitta diventano le protagoniste delle grandi tele del 1973 (Deutschlands Geisteshelden, Germania eroica).
Attorno al 1974 la sua tecnica pittorica lo porta a realizzare grandi opere nelle quali inserisce in sovrapposizione materiali diversi ed eterogenei, su vari supporti come tele, lastre di piombo e carta stampata lavorati con spessi strati di colore, lacca e xilografie: la realtà storica ha il sopravvento sul mito, e le sue tele, con sfondi in terra bruciata, diventano sempre più ermetiche e astratte nella loro iconografia, unite a parole o frasi dipinte che tendono ad esplicitarne il significato.
Nel 1980 espone per la prima volta in Italia, nel padiglione tedesco della Biennale di Venezia, il ciclo Verbrennen(Bruciare) – Verholzen (Lignificare) – Versenken (Lavare) – Versanden (Insabbiare), introducendo nel suo vocabolario estetico numerosi nuovi materiali come il legno, la sabbia, la paglia e il piombo: elementi che apportano fragilità ad un contesto segnato dalla rigidità dei soggetti.
In seguito ad un viaggio in Israele nel 1984, i soggetti delle sue opere si ampliano e si inseriscono riferimenti ad altri temi, dal mistico al mitologico, per includere riferimenti alla storia ebraica ed egizia, in opere come “Aaron” (1985).
Tra la fine del 1987 e l’inizio del 1989, le opere di Kiefer saranno protagoniste di una lunga tournée di mostre negli USA: Chicago, Philadelphia, Los Angeles e New York, ed alla fine anni ’90, importanti retrospettive hanno luogo anche al Museo Correr di Venezia (1997) e alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Bologna (1999).
A metà degli anni novanta si trasferisce a Barjac, in Francia, dove sembra riuscire a esorcizzare la storia e il mito germanici che avevano condizionato la sua produzione, dedicando la sua arte alla natura e al cosmo.
Dal 2000 l’artista è stato impegnato nella monumentale opera I Sette Palazzi Celesti, che ha realizzato nella navata più grande all’interno del corpo centrale dell’Hangar Bicocca a Milano, aperto per la prima volta al pubblico nel 2004: ispirandosi alla mistica ebraica della Cabala, il libro della vita, l’artista ha creato sette torri monumentali in cemento armato e piombo, che simboleggiano l’esperienza mistica dell’ascensione attraverso i sette livelli di spiritualità.
Molte sono le antologiche dedicate alla sua opera, come quelle alla Städtische Kunsthalle Düsseldorf (1984), all’Art Institute of Chicago (1987), al Sezon Museum of Art in Tokyo (1993), al Metropolitan Museum of Art di New York (1998), alla Fondation Beyeler in Basel (2001), al Modern Art Museum di Fort Worth (2005), al Guggenheim Museum Bilbao (2007).
LA COLLEZIONE
La Collezione Terrae Motus, costituita dopo gli eventi sismici che il 23 novembre 1980 devastarono la Campania e la Basilicata, nasce per iniziativa del gallerista napoletano Lucio Amelio (Napoli, 13 settembre 1931 – 2 luglio 1994). Grazie ai propri rapporti personali e professionali, Amelio porta a Napoli il gotha dell’arte internazionale, chiedendo a ogni artista il contributo di un’opera. Si costruisce così in progress la risposta vitale dell’arte alla distruzione sismica e con essa il possibile contributo al processo di ricostruzione.
Il primo nucleo della collezione fu esposto in diverse mostre temporanee nella Villa Campolieto di Portici, all’Institute of Contemporary Art di Boston fino alla consacrazione definitiva al Grand Palais di Parigi nel 1987. Nel 1992 poco meno della metà degli oltre settanta pezzi dell’intera collezione furono allestiti negli ambienti degli Appartamenti Reali della Reggia di Caserta. Lo stesso Amelio, con un lascito testamentario, individuò la straordinaria costruzione vanvitelliana come sede permanente della collezione. La stessa fu allestita, in principio, nelle retrostanze del Quarto del Principe ereditario, con l’intrigante gioco di contrapposizione tra il contesto storicizzato e il linguaggio artistico contemporaneo.
Oggi la necessaria riorganizzazione dei percorsi della Reggia di Caserta, dovuta sia al piano commissariale, che riconsegna al museo molti ambienti un tempo assegnati ad altri enti e istituzioni, sia agli imponenti lavori di restauro di aree diverse del Palazzo Reale, è colta come occasione per avviare una sperimentazione museale. A partire dal 23 novembre del 2020, alcune opere della collezione Terrae Motus hanno trovato una naturale collocazione all’interno del percorso tradizionale degli Appartamenti Reali. Con questa azione di contaminazione tra antico e nuovo si sperimenta una diversa ambientazione, con la volontà di assicurare un dialogo diretto e stimolante con la straordinaria collezione d’arte contemporanea, entrata ormai con piena vitalità a far parte dell’identità culturale del complesso vanvitelliano, scelto da Lucio Amelio come la cornice regale ideale per ospitare la sua preziosa collezione.